Educare. Un po’ di vuoto, grazie.
Educare, viene dal verbo educere. Ossia condurre fuori. Proprio così. Lo dice in tutta verità la parola stessa nella sua origine dal latino.
E pensa invece che noi continuiamo a mettere dentro. A riempire teste e cuori dei nostri figli e di tutti quelli cui pensiamo di avere consigli da dare. E avanti a più non posso a imbottire di idee e regole.
Questo sì e questo no. Questo è giusto e questo è sbagliato. Quasi una gara a chi riempie di più, mentre tutto suggerisce di svuotare.
Vuoto! Nel senso di lasciar spazio, proprio per accogliere. Per ascoltare. Per non essere di intralcio innanzitutto a se stessi, ma anche agli altri. Soprattutto ai figli.
Sono ormai certo che ridere sia sommamente educativo per una ragione semplice. Perché anziché riempirti di qualcosa, ti libera e ti alleggerisce da tante zavorre che ci appesantiscono la vita. Ridere è liberante.
Insomma una questione di dentro e fuori! Due azioni diametralmente opposte, dagli effetti molto diversi. Scegliamo dunque la via della leggerezza e lasciamo andare la risata che è dentro di noi. Autoeduchiamoci a scegliere le vie che prediligono il tirar fuori al metter dentro. Daremo un ottimo esempio ai nostri figli.
Educare! Non dovrebbe essere poi una faccenda tanto complicata se si prende la vita dal versante giusto. E forse il primo passo è sgonfiarci un pochino. Se vogliamo davvero bene ai nostri figli lavoriamo a svuotare noi stessi della tanta pienezza che ha cominciato a ingombrarci il giorno dopo che siamo nati.
La risata dà una mano in questa direzione.
Non saprei dire con precisione il perché.
Ma so che funziona.
Quando rido mi sento leggero. E sto bene.
Non pretendo di capire tutto e ringrazio per le sensazioni belle che la risata porta nella mia vita.