Ah, le pernacchie!

     Che bel ricordo di papà che ho! Mio figlio quando era piccolo ne produceva di sonore con estro da verso artista. Uno spettacolo sentire la sua produzione. E, se sollecitato, dava luogo ad un repertorio vario e a misura di destinatario.

    Solo per divertirsi. Nessun dileggio. E nessuna volgarità in un bimbo di tre anni che provava piacere a sperimentare modalità vocali diverse.

    La pernacchia è di suo un suono e null’altro, ma socialmente si è attribuito ad essa un significato dispregiativo. Viene normalmente eseguito soffiando con lingua protratta all’infuori in mezzo alle labbra serrate.

     Non è la sola possibilità: si può premere con il dorso della mano sulla bocca per ottenere un rumore simile a quello di una… flatulenza.

     Si designa così in italiano corretto e raffinato quella produzione di una miscela di gas rilasciata sotto pressione attraverso l’ano che il popolo chiama scoreggia o peto.

     Dunque si carica la pernacchia di valore derisorio, ironico e volgare solo perché richiama quel suono caratteristico prodotto fisiologicamente dall’altro sfintere. Associato ad odore sgradevole.

    Peccato, perché la pernacchia fa parte della comunicazione… divertente; quella che renderebbe più allegre le relazioni. Pur non essendo dotata certo di un significato proprio al fine della comunicazione verbale, è sorprendente constatare quanto questo suono con la bocca sia tanto diffuso tra le culture umane così come tra altri primati.

    Un divertimento proprio della giocosità infantile che gli adulti non possono più permettersi. Una convenzione sociale condivisa. Forse il censore interiore. Insomma, è ormai un atteggiamento sconveniente bollato come maleducazione. Perché essere educati è sinonimo di controllo. La spontaneità è consentita solo ai bimbi e neanche tanto piccoli per altro.

    Interessante sapere che abbiamo anche una pernacchia/flatulenza raccontata letterariamente. Da Dante in persona in un passaggio infernale. Si congeda poeticamente da compagnia poco allegra:  et elli qu’avea del cul fatto trompetta.

    Che l’aria esca rumorosa dalla bocca oppure dallo spiffero posteriore, non manca di suscitare ilarità. Lasciamo perdere le convenzioni sociali e accogliamo questi rumori divertenti senza nessun sermone inquisitorio.

    Lasciamoci andare a un po’ di giocosità infantile. Non potrà che farci del bene e ne avremo guadagnato qualche bel sorriso.